mercoledì 29 giugno 2011

vivident blast e il deja vu dei griffin.

Perfetti ci ha abituato da anni a una comunicazione nonsense tipica degli inglesi che riscuote molto successo tra il pubblico più giovane (quindi il target è azzeccato) ma che purtroppo non fa proseliti tra le altre aziende italiane.

Il nuovissimo spot di Vivident Blast non è da meno, divertente e fuori dagli schemi italo-caroselliani fa ridere e, cosa più importante, non ti fa cambiare canale.



Del resto la BBH è una garanzia.
Ma a 'sto giro mi viene un dubbio.
Non accuso nessuno di plagio perché sarebbe esagerato, ma che ai creativi del team Perfetti sia rimasto nel retropensiero questa gag dei Griffin?

martedì 28 giugno 2011

Volkswagen seconda a Nike ma anche a Greenpeace.

Con oltre 40 milioni di views solo sul canale ufficiale, lo spot della Volkswagen con protagonista il piccolo Darth Vader è piaciuto praticamente a tutti.



Non abbastanza da vincere il Grand Prix 2011 a Cannes contro Nike Write the Future.



Ma abbastanza da stimolare la fantasia di Greenpeace per trovare il modo migliore per denunciare il fatto che l'azienda automobilistica si oppone a due leggi europee per la salvaguardia del clima.

Per fare questo, Greenpeace, parafrasando l'intero mondo di Star Wars, ha messo su un sito in cui chiede alle persone di unirsi all'Alleanza ribelle contro Volkswagen, ma soprattutto ha realizzato un video di risposta allo spot che nulla ha da invidiare a quello originale.



Su Facebook è già scattato lo share compulsivo. Vedremo se, oltre al ritorno di immagine, Greenpeace otterrà anche dei risultati concreti.

Un ultimo pensiero: al di là della bontà dell'operazione, viene da chiedersi quali budget abbia a disposizione Greenpeace e quale agenzia si celi dietro un lavoro così complesso e perfetto.

venerdì 24 giugno 2011

10 brand che scompariranno nel 2012.

Un interessante articolo trovato su Business Insider, che ho liberamente tradotto e corredato di alcune immagini pubblicitarie.
Oltre a problemi finanziari, di gestione e di mercato, forse anche la comunicazione, in certi casi, può aver avuto il suo peso.


Sony Pictures 
Distribuendo una cagata pazzesca come 2012, che profetizza la fine del mondo in tale anno, la Sony Pictures forse non si aspettava che la fine predetta in realtà sarebbe stata la sua. O forse si è solo tirata addosso un bel po' di sfiga. 
 Non si capisce perché nel 1989, Sony decide di acquistare la allora Columbia Tri-Star Picture, una casa di produzione che nulla aveva e ha a che fare con il core business di consumer electronics e gaming dell'azienda.
Oggi gli affari non vanno bene e la Sony non può permettersi di sostenere certe perdite milionarie mentre deve combattere contro Microsoft e Nintendo sul lato gaming, e contro la Apple per quanto riguarda il settore consumer eletronics.


A&W Restaurants 
Fondata nel 1919 e di proprietà della Yum! Brands, oggi ha dimensioni troppo piccole se paragonate all'altra grande insegna del Gruppo, KFC: 322 fast food negli USA e 317 all'estero, contro i 5.055 in USA e 11.798 all'estero di KFC.
Ma i competitor non sono solo interni. A&W deve vedersela anche contro 35.000 Subways nel mondo e altrettanti Mc Donald's.
Mission impossible.

Saab
Fondata nel 1949 dalla svedese Svenka Aeroplan e acquistata dalla GM tra il 1989 e il 2000, la casa automobilistica non è mai decollata veramente, per la sua incapacità di produrre modelli sia economici che di lusso. Diventata insolvente nel 2008, viene rilevata dalla Spyker ma fallisce anche qui e diventa una marca indesiderata.

American Apparel
Sull'orlo della bancarotta, tra aumenti del prezzo del cotone e calo delle vendita, non aiuta il fatto che il fondatore e CEO, Dov Charney, sia stato accusato da diverse ex impiegate di molestie sessuali.
A vedere la comunicazione poi, tali accuse non sembrano così infondate.

Sears 
La Sears Holdings possiede sia Sears che Kmart. Entrambe stanno andando molto male e l'unica soluzione sembra unire le due catene sotto un'unica insegna.

Sony Ericsson 
In passato uno dei maggiori costruttori di telefonia assieme a Nokia, Samsung, LG e Motorola, oggi Sony Ericsson deve vedersela con nuovi competitor come HTC e il diffondersi degli smartphone, contro mostri sacri come Blackberry ma soprattutto l'iPhone della Apple, che ha raddoppiato le vendite nel giro di un anno.
Le sue vendite sono crollate da 97 milioni di dollari nel 2008 a 43 milioni di dollari lo scorso anno e il management si aspetta ulteriori perdite nei prossimi mesi, oltre ad aver già lasciato a casa migliaia di persone.
I gossip di settore parlano di una Sony che arriva in soccorso.

Kellog's Corn Pops 
Non basta l'aumento del prezzo dei cereali a giustificare il calo delle vendite con una perdita di 74 milioni di dollari. Ci si mette anche la maggior attenzione e consapevolezza delle mamme per l'alimentazione dei propri bambini. Infatti i Kellog's Corn Pops contengono mono e digliceridi, per legare i grassi saturi, e il BHT per mantenere la freschezza, che però è utilizzato anche nei liquidi per l'imbalsamazione.

MySpace
Già morto da un po', verrà presto seppellito. News Corps l'ha acquistato nel 2005 per 580 milioni di dollari. Una bazzecola ai tempi, se si pensa che allora era uno dei Social Networks più popolari e popolati.
Ma con Facebook che sta cannibalizzando utenti e inserzionisti, la News Corps si vede costretta a mettere MySpace in vendita al miglior offerente. E se si considera che i gossip parlano di un'offerta di appena 100 milioni di dollari, si capisce perché l'azienda ha fatto già capire che chiuderà il Social Network più pacchiano di tutti se non trova in fretta un acquirente.

Soap Opera Digest 
Tra la cancellazione di numerose Soap Opera e l'accessibilità online alle stesse informazioni e molto di più, una rivista di questo tipo non ha davvero più senso di esistere. E oltre alla logica di mercato, c'è il fatturato a dimostrarlo: una perdita del 18% degli inserzionisti nel primo trimestre, pari a 4 milioni di dollari e meno di 500.000 lettori da oltre 5 anni.

Nokia 
Con un obsoleto sistema operativo come Symbian, Nokia è totalmente incapace di competere nel sempre crescente mercato degli smartphone, contro imperi come Apple, Blackberry, HTC e Samsung.
Tra i potenziali acquirenti LG Eletronics e gli stessi HTC e Samsung.

martedì 21 giugno 2011

"l'arte di dare un nome" di Salvatore Loiacono

Uno splendido articolo sull'onomastica automobilistica trovato per caso qui.
Lo riporto integralmente e ringrazio l'autore.

"
Ci avete mai pensato ai molteplici significati che una parola può acquisire? Ad esempio: "Limone". Da noi è un frutto e l'accostamento di "limone", in funzione d'attributo, ad un altro sostantivo non dovrebbe dirci nulla. Bene, "limone" in inglese si dice "lemon" che, nei paesi anglofoni, identifica sia il frutto, sia quel concetto che noi riassumiamo col termine "fregatura". Da qui, è facile comprendere quanto sia importante studiare, con dovizia, le denominazioni dei prodotti industriali, automobili comprese.

C'era un tempo, ormai lontano, in cui le autovetture erano identificate tramite una sigla che indicava la potenza in Hp: Fiat 3 ½ Hp, ad esempio. Poi i costruttori aumentarono e si sentì la necessita di differenziare meglio i modelli; alcuni iniziarono a denominare le vetture in base al propulsore (Alfa Romeo 6C 2500), mentre altri seguirono altre strade. Ford, ad esempio, chiamò il suo storico modello d'utilitaria con una lettera: "T". Insomma, la necessità di rendere immediatamente identificabile un modello crebbe parallelamente al bacino d'utenza del prodotto.

Così, con gli anni, quello dei nomi è diventato un vero e proprio problema, e le idee valide sono registrate e, quindi, tutelate legalmente. In pratica, un costruttore che riesce a trovare, tramite professionisti del settore, una denominazione "d'effetto" per un proprio modello se ne riserva l'uso esclusivo... E che tutti gli altri s'arrangino!

LO ZERO AL CENTRO
Un nome originale, non è detto che debba essere necessariamente una parola: basta anche un numero. Pensate a Peugeot: vi siete mai domandati come mai le vetture della casa del leone sono da decenni identificabili tramite numeri di tre cifre? E non vi siete mai domandati come mai tali numeri abbiano tutti lo "zero" al centro? Nulla avviene per caso.
La numerazione dei modelli Peugeot nacque quando gli stilisti della casa notarono che la targhetta identificativa del modello 201 poteva essere inserita sulla mascherina, in basso, in modo da far coincidere lo "zero" di 201 con il foro per il passaggio della famosa manovella d'avviamento. Geniale! E così la Peugeot registrò tutti i numeri da 101 a 909. Era il 1929. Quando, nel 1964, la Porsche presentò il suo nuovo modello 901, fu obbligata a cambiarne la denominazione in 911, che poi negli USA è anche il numero del pronto intervento... Mentre, per le Ferrari 208 / 308 il fascino del Cavallino ebbe la meglio e i francesi chiusero un occhio. La tradizione dello "zero al centro" è stata rispettata rigorosamente per ben 75 anni, la prima eccezione è di quest'anno, con la piccola 1007

BRAVA, LA 131
Parlando di cifre non si può evitare di parlare di Fiat: 500, 600, 124, 125, 126, 127, 128, 130, 131, 132, 133... tutte sigle che provenivano, originariamente, dal codice del progetto (del propulsore, come in 124) o dalla cilindrata (come 500 e 600); anche se non sempre c'era corrispondenza tra la denominazione e la numerazione "interna" del modello.
In altri casi, la denominazione numerica diventava inadeguata ed era sostituita con un nome proprio. E' il caso della 138, battezzata Ritmo. Bel nome, peccato che nei paesi anglosassoni, "ritmo" assuma anche il significato di ciclo mestruale. Così la Ritmo in Inghilterra e negli USA divenne Strada, nome riesumato da qualche anno per identificare un veicolo commerciale.
La vicenda della 138 ha altri due precedenti: la 131 e la 500 (nelle versioni A, B e C). La 131 era un modello ben poco emozionante, sotto tutti i punti vista, e non poteva assolutamente essere venduta negli USA, mercato storicamente difficile per Fiat, con quella sigla grigia e anonima. Così sostituirono 131 con un italianissimo: Brava (evidentemente l'idea era valida, e nel '95 la media che sostituì la Tipo, potè fregiarsi dello stesso nome).
Riguardo alla 500, pare che agli italiani quella cifra non piacesse proprio. Le affibbiarono un nomignolo: Topolino. Ma era solo un soprannome: la Fiat non registrò mai il nome e la vettura fu sempre proposta come Fiat 500.
Gli esperti di Torino, in ogni modo, hanno sempre avuto una certa fantasia, pensate alla gamma di veicoli commerciali. Ad eccezione del pick-up Strada e di Panda, Seicento, Multipla e Punto in versione Van, tutti gli altri modelli hanno (e hanno avuto) il nome d'antiche monete. Mi riferisco a Fiorino, Marengo, Penny, Talento, Scudo e Ducato; mentre Doblone, forse, era troppo lungo e poco "musicale": è stato declinato in Doblo'.
Altra storia quella che ha interessato la nuova Panda. Inspiegabilmente, al Lingotto decisero di chiamarla Gingo. Grazie a Dio, la Renault s'è fatta avanti, denunciando la confusione che il nome Gingo poteva creare con quello della piccola di casa, la Twingo. Così, dopo le anteprime e le brochure date alle stampe e distribuite, la Gingo cambiò nome e, all'esordio commerciale, era per tutti Panda.

INFLUENZE LETTERARIE
Se a Torino hanno il pregio dell'originalità, a Milano andava di moda la letteratura: Alfa Romeo Giulietta. Sembra un gioco di parole.
Ma la cosa più interessante sapete qual è? E' che l'Alfa produceva anche un furgone, dotato della meccanica della Giulietta. E come si poteva chiamare questo veicolo commerciale? Romeo! Che poesia...
La poesia, poi, continuò con la sostituta della Giulietta. Leggermente più "importante" della progenitrice, pareva quasi una sorella maggiore, infatti, si chiamò Giulia. Erano altri tempi.
Poi le cose cambiarono, negli anni '70 arrivò l'Alfetta. Il nome derivava da un Alfa da corsa, da cui l'Alfetta ereditò l'impostazione meccanica. E poi l'Alfasud, anni dopo, l'Alfa6 e intanto il Romeo divenne F12. E il delicato gioco di parole tra il marchio e il nome dei vari modelli finì!
Negli anni '80 le sigle numeriche: a partire da 33, nome derivato da un'altra Alfa da corsa. L'Alfetta, rinnovata nel 1984, fu ridenominata 90 e nel 1985 arrivò la 75. Un passo indietro? No, semplicemente fu un tributo ai primi 75 anni della casa milanese. Non fa niente se poi la 75 diventò, negli USA, Milano.

SUPERSTIZIONI
Curiosa, è anche la disavventura dell'Alfa 164. Il nome derivava dalla sigla del progetto, solo che in alcune zone dell'Asia i numeri 0, 4 e 5 pare portino sfortuna. In pratica, il numero 164 era interpretato come "morte diffusa". Parecchi clienti asiatici eliminarono, timorosi di una ritorsione fatua, la targhetta dal posteriore della loro Alfa. I vertici Fiat accortisi della svista, cambiarono nome alla vettura. La denominarono 168 che era interpretato dagli autoctoni come "ricchezza diffusa". Un bel passo avanti!
In tema di superstizioni c'è un altro caso degno di nota. Stavolta riguarda l'Italia e la coupè Renault 17 (anni '70). Nel Bel Paese, e solo da noi, il numero 17 ha il significato che conosciamo e i francesi capirono subito che non potevano vendere da noi una vettura con una tal sigla. Risolsero il problema aggiungendo a 17 un altro "sette". Così nacque la coupè Renault 177.

NOMI ITALIANI
I giapponesi e i coreani, invece, pare che abbiano una predilezione per i nomi italiani. Purtroppo spesso scelgono nomi che ci fanno sorridere. Prendiamo la Hyundai Sonica, che nome carino. Peccato che la vettura si sia chiamata così solo in Italia, poiché in tutto il mondo la conoscevano come Sonata (molto meno simpatico).

Mica finisce qui... dove mettiamo le varie Concerto, Domani, Familia, Serena, Silvia, Baleno, Carina, Leganza, Corolla, Evanda, Eterna, Lacetti?
Per non parlare poi dei criticabili Cappuccino (Suzuki), Cresta e Capella (che si presta anche a dubbie interpretazioni). Ovviamente, non tutte sono (o erano) vendute in Italia con quei nomi...
"Ciao Andrea, lo sai che ho cambiato auto? Ho comprato la Capella!" - ma vi immaginate?
Comunque, i giapponesi non sono gli unici ad utilizzare nomi che, a noi italici, suonano quantomeno insoliti. Ricordate la Volkswagen Corrado? E la Jetta? E la Scirocco? Si, sono dei venti, solo che Corrado nell'immaginario della maggior parte di noi è un nome di persona, e poi Scirocco: a cosa associate questo nome? Ad un vento, è vero. Ma a che vento? Ad una corrente calda e umida, alquanto fastidiosa, che viene dall'Africa...
Devo parlare di Jetta? In qualsiasi modo lo si legga (sia con la J di John, che con la J di Jacopo), da questo nome si ricavano sempre delle assonanze poco piacevoli. Però se ne sono accorti, infatti, la Jetta da noi diventò Vento, un nome che suggerisce dinamismo. Peccato che la Vento, l'automobile dico, non è che fosse proprio una "supercar", e il tutto risultò quasi una presa in giro (e le vendite lo hanno confermato). Poi la Vento è diventata Bora. Insomma, non che i triestini ne siano tanto felici, però almeno, l'effetto è migliore. Anche se in ogni modo la Bora, in alcuni mercati, si chiama ancora Jetta...

A volte, poi sono i clienti che prendono l'iniziativa. Come nel caso della Topolino o del Maggiolino. Prendete l'Alfa Spider di qualche anno fa. Tutti la conoscono come Duetto, denominazione utilizzata in seguito dall'Alfa per un limitatissimo periodo di tempo e solo su alcuni mercati. In genere era classificata, nei listini ufficiali, con un generico Spider. In America poi diventò, per qualche tempo, addirittura Graduate (dal titolo inglese del film "il laureato").
Ci sono anche auto rimaste senza nome. L'Alfetta 2000 Li era venduta in USA senza nessuna denominazione (oltre al marchio Alfa). Restò anonima. Era identificata solo da un vago Sport Sedan.

LE BALILLA E LE BANDIERA ROSSA
Ci sono poi le influenze politiche... è il caso delle Bandiera Rossa, ex vetture di rappresentanza del governo cinese, o della Lada Niva, che significa "campo arato". E' vero che un'auto che veniva dalla Russia Sovietica non poteva mica chiamarsi "campo da golf", però un po' più di fantasia...
Anche le Fiat e le Lancia degli anni '30 furono oggetto di "attenzioni governative". Le Fiat Balilla e Ardita o le regali Lancia Astura e Augusta (dall'antico nome romano della città di Torino); poi le piccole Ardea e Aprilia (che sono anche i nomi di due cittadine realizzati durante il Regime). Tutto ciò entro i confini nazionali. Per conquistare il mercato francese, invece, l'Augusta divenne Belna e l'Aprilia divenne Ardennes.

Giusto per restar in casa Lancia, c'e tutta una dinastia di vetture denominate con lettere dell'alfabeto greco, e c'è n'è un'altra composta di vetture identificate con i nomi delle antiche vie romane. Nel decennio appena trascorso, le Lancia hanno assunto, salvo poche eccezioni, denominazioni più o meno fantastiche, formate da 5 lettere (Dedra, Delta, Thema, Kappa, Lybra). Solo che, quando si scelgono nomi di fantasia gli equivoci sono sempre in agguato. Prendiamo Dedra, ad esempio. Un nome gradevole, solo che gli inglesi non sono dello stesso parere. Nella loro lingua, Dedra assomiglia in modo inquietante all'espressione "dead rat", che sarebbe, in italiano, "pantegana morta". Non è bello, diciamocelo schiettamente.

Diffusi sono anche i nomi d'ispirazione geografica. E la mente corre subito alla Beta Montecarlo che assunse in America la denominazione di Beta Scorpion (Montecarlo era già registrato da GM), in onore all'animaletto simbolo dell'Abarth, o alle Ford Cortina, Granada, Capri e Torino.
Comunque, i maggiori esperti di "geografia" sono gli spagnoli. In sostanza tutte le Seat da quindici anni ad oggi hanno nomi geografici: Ronda, Malaga, Marbella, Ibiza, Toledo, Leon. Ispirati dall'atlante geografico... Alhambra, invece, è il nome di una bellissima costruzione islamica di Granada.

Insomma, nonostante l'approccio quasi "satirico" con l'argomento, è chiaro in quanti pasticci ci si caccia quando si cerca un nome per una vettura. Certamente ci sono nomi originali e perfetti per tutte le lingue come Punto, una grande intuizione (che, in tedesco, è il nome del cane dysneiano Pluto), oppure Uno o Golf; ma sono la minoranza.
A volte, poi, un nome va ritoccato anche in poche lettere, come la Fiat Regata che divenne in Sud America, Regatta...

Comunque, dietro alla denominazione di una nuova auto ci sono mesi e mesi di ricerche e di lavoro; spesso l'obiettivo e raggiunto, altre volte no. Purtroppo."

lunedì 20 giugno 2011

wilkinson e le sue chiomette perfette.

La qualità della comunicazione di wilkinson rasapatata è in discesa libera come le palline della sony. ruzzola giù senza attrito verso quel baratro di squallore pubblicitario dove ad attenderla c'è Giovanna che spennella col fernovus mentre dei peni canterini cinguettano in coro "brava giovanna brava".

tutto cominciò con questo video virale:



siamo ancora nei limiti della simpatia. si sa che la lingua inglese rende tutto più raffinato.

ma poi arrivò la versione in italiano. il pratino. p-r-a-t-i-n-o. che neanche mia nonna la chiama così.



e si sa che la lingua italiana riesce a rendere tutto un po' troppo italiano. per dirla alla stanis la rochelle.

e mentre il tempo cancellava le ferite di quella visione, mentre parole come "bosco fosco", "sarà anche un po' buffo ma poi sai che figurone", "se il ferro è giusto" ma soprattutto "spazza via tutti quei rasta", scomparivano dalla mia corteccia frontale esterna, ecco che wilkinson se ne viene fuori con questo ennesimo capolavoro di cattivo-gusto-e-fastidio pensando, e questo è il peggio, di fare simpatia.

il pratino diventa la chiometta... e fin qui.
ma il peggio è questo personaggio di nome jean paul baffetti (e qui dovrebbe scattare la prima risata. fail), un "hairstylist" internazionale (e il virgolettato dovrebbe solleticare le menti più maliziose. fail) che...

no, non aggiungo altro. guardatelo e poi fate come me.
non acquistate prodotti che fanno una comunicazione pessima, una comunicazione che manca di rispetto all'intelligenza delle Persone. una comunicazione che ci tratta come degli idioti dalla risatina facile di fronte a giochini di parole da terza elementare.
al giorno d'oggi c'è sempre un'alternativa a qualsiasi prodotto o servizio.
scegliete quello che vi tratta con rispetto e non uno che spende centinaia di migliaia di euro per prendervi per il culo.



e adesso fuori i nomi.
la "creatività" (e qua il virgolettato ci sta quanto a hairstylist) è dell'agenzia JWT/RMG.
art director: Dario Agnello
copywriter: Cristino Battista
direzione Creativa: Davide Boscacci
direzione Creativa Esecutiva: Daniela Radice
regia: Edoardo Lugari
casa di produzione: Bedeschifilm